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Isola di S. Ianni e Costa Prospiciente


Isola di S. Ianni e Costa Prospiciente


Carta di identità del sito

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Nome Isola di S. Ianni e Costa Prospiciente
Codice IT9210160
Tipo B
Estensione 418 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 5330, 91AA*, 9340, 8330, 8310 dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Isola di S. Ianni e Costa Prospiciente

5330 - Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici

91AA* - Boschi orientali di quercia bianca

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

8330 - Grotte marine sommerse o semisommerse

8310 - Grotte non ancora sfruttate a livello turistico

5210 - Matorral arborescenti di Juniperus spp.

8210 - Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica

6220* - Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

1120* - Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae)

1170 - Scogliere

1240 - Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Isola di S. Ianni e Costa Prospiciente



Il SIC “Isola di S. Ianni e Costa prospiciente” si trova lungo la costa tirrenica della Basilicata, nel Comune di Maratea (PZ), nella porzione centrale di questo tratto costiero. Il sito è caratterizzato soprattutto dagli habitat marini e costieri comprendendo anche l’isolotto di Santo Ianni, allargandosi sino alle rupi prospicienti alla costa che raggiungono un’altitudine massima di circa 320 m s.l.m..

Il territorio presenta uno stato di conservazione soddisfacente, anche se è sottoposto a una forte pressione da parte delle attività turistico – ricettive e delle infrastrutture connesse a tale attività.

IL TERRITORIO

CARATTERI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI. La costa di Maratea è limitata ad Est dai rilievi del Monte Coccovello fino al Monte Maiorino, a Nord dai rilievi del Monte Spina e del Monte Palladino (confine con la Campania), ad Ovest dal Mar Tirreno e a Sud dalla porzione terminale della valle del Fiume Noce, che segna il confine con la Calabria. Si estende per circa 30 Km e interessa un territorio di oltre 6700 ettari, caratterizzato da un tratto di Appennino lucano, parallelo alla linea di costa, con oscillazioni altimetriche notevoli (M.te Coccovello, 1505 m) ed una  morfologia particolarmente accentuata. Le formazioni geologiche presenti nell’area sono riferibili essenzialmente ad unità stratigrafico-strutturali derivanti dalla Piattaforma Campano-Lucana e dall’Unità Liguride (flysch liguride), al di sopra delle quali sono presenti potenti coperture detritiche di origine recente, oltre a depositi alluvionali che assumono notevoli spessori in corrispondenza delle aree golenali del Fiume Noce (Cotecchia et al., 1990). L’area, quindi, risulta caratterizzata prevalentemente da terreni mesozoici e terziari carbonatici, ben rappresentati nelle strutture dei rilievi di Monte Coccovello e dalla serie dei Monti di Trecchina, tra i quali si impostano anche successioni di carattere flyscioide. Le rocce calcaree affioranti, anche se riferibili al dominio appenninico di piattaforma carbonatica, se ne differenziano per i caratteri deposizionali e per l’evoluzione tettonica e sedimentaria. Le strutture sedimentarie che condizionano gran parte della morfostruttura dei monti di Maratea, appartengono alla successione carbonatica Bulgheria-Verbicaro, unità costituita da dolomie nerastre, massive o stratificate, del Lias inferiore - Trias medio, e alla successione Alburno-Cervati, rappresentata per larghi settori da calcari grigi e nerastri con intercalazioni dolomitiche del Cretaceo superiore – Lias, entrambe derivanti dalla deformazione della Piattaforma Campano-Lucana. L’Unità Alburno-Cervati è ampiamente diffusa in Italia meridionale, affiora nei monti di Lauria, nell’area dei Monti Alburni e dei Monti Picentini, nonché nell’area del Monte Pollino, mentre, nel territorio in esame emerge diffusamente in corrispondenza di Monte La Serra, del Monte Coccovello, e presso Castrocucco (Cotecchia et al., 1990). Il complesso assetto strutturale presente a Maratea è frutto delle diverse fasi tettoniche che hanno coinvolto le unità presenti. Nella sua costituzione un ruolo fondamentale sembra averlo avuto la lineazione tettonica chiamata Linea del Pollino, corrispondente ad una zona di taglio profonda, continua dalle aree tirreniche a quelle ioniche; l’attività di tale zona di taglio sarebbe perdurata almeno a partire da Miocene inferiore fino al Pleistocene medio-superiore (Cotecchia et al., 1990). L’intera dorsale carbonatica risulta fortemente tettonizzata da una serie di faglie con direzione SO-NE e da un sovrascorrimento che mette in contatto le due unità. Nell’area di Maratea l’accavallamento delle diverse unità è presente a Nord della congiungente Maratea-Brefaro-Piano dei Peri, ed interessa quindi l’area corrispondente alla Valle di Maratea, al M.Crivo e a tutto il territorio ad Est di esso. A Sud della suddetta congiungente prevale, invece, il contatto diretto tra l’Unità Bulgheria-Verbicaro e la sottostante Unità Alburno-Cervati (D’Ecclesiis et al., 1993). Da tutto ciò emerge come gran parte del territorio mostri evidenti segni di una complessa evoluzione geomorfologica che seppur innescata in tempi remoti, non sembra essersi ancora del tutto esaurita. I fenomeni ancora in atto risultano sostanzialmente diversi fra loro, manifestandosi sottoforma di rotture e deformazioni gravitative di versante, oltre a movimenti franosi propriamente detti (Cotecchia et al., 1990). Un ruolo significativo è dato dal sistema di faglie presenti in tutto il comune di Maratea, ed in particolare la faglia diretta, a direzione N-S immergente verso ovest con una inclinazione di 70°, che borda il versante occidentale del M. Crivo delimitando il fianco destro della Valle di Maratea. Questa mostra una chiara prosecuzione a mare ed una intensa attività ancora in atto, cui si associa un significativo canyon sottomarino, chiamato dai pescatori locali “Fossate”, il quale attraverso un attivo sistema di canali che vanno dalla linea di costa verso il mare aperto, raccoglie e convoglia verso il largo buona parte dell’attuale carico sedimentario (Colantoni et al., 1997) . Lungo la costa, generalmente alta e frastagliata, il substrato mesozoico e la copertura clastica presentano terrazzamenti di origine marina e/o testimonianze di linee di riva distribuiti a diverse quote e correlabili con le più recenti oscillazioni glacio-eustatiche pleistocenico-oloceniche del livello marino, tracce ben osservabili in tutta la zona (Carobene & Dai Pra, 1991). Ne sono un esempio il terrazzo marino, in parte ricoperto da brecce di pendio, presente nella porzione meridionale dell’area portuale di Maratea, o quello posto a NW della spiaggia di Fiumicello (Ogliastro-Cersuta) che presenta peculiari depositi calcarenitici.

Dal punto di vista strettamente morfologico, le pendenze maggiormente ricorrenti risultano quelle relative alle classi mediane, comprese in un intervallo che va da 20° a 40°. Le pendenze sono distribuite in corrispondenza ai pendii più significativi presenti ai lati delle valli e lungo la costa, a formare delle falesie che si ritrovano a Nord e a Sud di Maratea, lungo il litorale. I valori più alti relativamente alle energie di rilievo, sono distribuiti sia lungo le coste, in corrispondenza delle alte pendenze, sia in corrispondenza dei rilievi carbonatici. C’è da segnalare l’area del versante orientale della valle di Maratea, che presenta alti valori di energia del rilievo, da considerare relativi all’azione delle deformazioni gravitative profonde di versante. Analizzando, infine, la distribuzione delle classi di esposizione, le più ricorrenti risultano quelle verso Ovest e Sud-Ovest, seguite da quelle relative a Sud e Sud-Est (Cecili et al. in Caneva & Cutini, 2009).

IL CLIMA

I caratteri climatici del tratto costiero tirrenico della Basilicata risultano fortemente influenzati dalle caratteristiche geomorfologiche del territorio, legate essenzialmente ad un’accentuata morfologia del rilievo ed alle quote elevate che si raggiungono a pochissima distanza dalla linea di riva. Analogamente ad altri territori costieri, nonostante le poche stazioni termopluviometriche disponibili (Maratea e Trecchina, mentre per Acquafredda sono disponibili unicamente i dati pluviometrici), è possibile evidenziare un carattere climatico tipicamente mediterraneo, con periodo di aridità estiva esteso da metà Giugno a metà Agosto. L’andamento delle precipitazioni (dal mare all’entroterra) mostra una certa articolazione in quanto in posizione arretrata rispetto alla linea di costa si evidenzia una piovosità decisamente maggiore per gran parte dell’anno.  L’entità delle precipitazioni medie annue è risultata di 1250 mm per la stazione di Maratea, di 1214.4 mm per Acquafredda, mentre raggiungono i 1830 mm a Trecchina, che costituisce un valore decisamente elevato se confrontato con analoghi siti costieri dell’Italia meridionale. Relativamente ai valori termici nella stazione di Maratea si registrano temperature medie del mese più freddo (gennaio) intorno a 8.00 °C e massime nel mese più caldo (agosto) di 22.50 °C, con una media annuale di 14.77 °C. La stazione di Trecchina posta a quote più elevate mostra valori termici minori con temperatura media del mese più freddo (gennaio) intorno a 5.40 °C e massime nel mese più caldo (Luglio) di 22.20 °C, con una media annuale di 12.98 °C (Caneva et al., 1997; Caneva & Cancellieri in Caneva & Cutini, 2009). Utilizzando una delle classificazioni bioclimatiche correntemente in uso in ambito ecologico e fitosociologico (classificazioni sensu Rivas-Martinez), che utilizza appositi indici in grado di “misurare” l’appartenenza delle stazioni esaminate all’interno di categorie prefissate, si nota come l’area in esame presenti un bioclima di tipo mediterraneo pluviostagionale oceanico, con termotipo mesomediterraneo e ombrotipo umido, che, in senso generale, corrisponde ad un andamento climatico tipicamente mediterraneo (con aridità estiva) ma con una quantità medio-elevata di precipitazioni autunnali ed invernali.

 


Il SIC di Isola di S.Ianni e Costa prospicente costituisce un territorio costiero di notevole interesse naturalistico, in quanto ben diversificato in senso ambientale, elemento espresso dai diversi ambienti presenti quali rupi costiere, garighe, frammenti forestali (a sclerofille e caducifoglie), oltre ad alcuni habitat marini caratteristici. Presenta un’oscillazione altimetrica poco accentuata (quota massima 320 m s.l.m.) e ospita ben 11 habitat di interesse comunitario (di cui 3 prioritari). Vi è pertanto un’elevata concentrazione di habitat, soprattutto in considerazione alla superficie relativamente piccola del territorio del SIC (418 ha).

Il presente aggiornamento ha permesso di incrementare ben 4 habitat rispetto ai dati del 1995/2003, considerando, però, per quanto riguarda alcuni habitat, che questi non sono stati confermati nel presente aggiornamento in quanto è stato possibile verificare la loro reale esistenza tenendo conto delle nuove diagnosi floristiche e vegetazionali presenti nella versione del Manuale di interpretazione degli Habitat italiani (Biondi et al., 2009). E’ il caso di 6310 (Dehesas con Quercus spp. sempreverde) e di 9320 (Foreste di Olea e Ceratonia). Per quanto riguarda 6310, trattandosi di un habitat semi-naturale fortemente mantenuto dalle attività agro-zootecniche (allevamento brado ovi-caprino, bovino e suino), secondo il Manuale risulta caratterizzato da pascoli arborati a dominanza di querce sempreverdi (Quercus suber, Q.ilex, Q.coccifera) che si insediano in ambiti caratterizzati da pascoli mediterranei con specie della classe Poetea bulbosae; in tal senso è sembrato inappropriato il suo riconoscimento per la definizione delle comunità forestali a leccio presenti nel settore tirrenico in oggetto, mentre, l’habitat 9340 (Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia), sembra più appropriato in senso bioclimatico, floristico e fisionomico-strutturale (Biondi et al., 2009). Analogamente l’habitat 9320, trattandosi di formazioni arborescenti termo-mediterranee a dominanza di Olea europea var. sylvestris e Ceratonia siliqua, non sembra essere idoneo all’interpretazione dei popolamenti a carrubo estesi in tutto il tratto costiero in questione. Tali popolamenti, spesso inglobati all’interno delle leccete o presenti in corrispondenza di terrazzamenti abbandonati, pur rappresentando un elemento paesaggistico estremamente significativo in tutto il tratto costiero, vanno ricondotti a fasi passate di introduzioni a scopo alimentare. Ad ulteriore conferma, inoltre, va segnalata l’accezione dubitativa con cui questo habitat è citato per la Basilicata (Biondi et al., 2009). Per quanto riguarda gli habitat 1170 (Scogliere) e 8330 (Grotte marine sommerse e semisommerse), le specie caratterizzanti e le valutazioni relative alla loro rappresentatività, alla superficie relativa, al grado di conservazione e alla valutazione globale, sono relativi ai contenuti del Progetto “Implementazione dei SIC marini italiani” (Convenzione SIBM/MiATTM, 2008/2009), pur essendo indicati a in modo dubitativo per la Basilicata (Biondi et al., 2009).

Il SIC Isola di S.Ianni e Costa prospiciente presenta gli effetti legati alla frammentazione dovuta essenzialmente allo sviluppo di infrastrutture viarie e alla presenza di abitazioni e strutture turistico-ricreative. In particolare per quanto riguarda i mesi estivi, l’area è soggetta alla pressione dovuta principalmente al turismo balneare, elemento che fa aumentare la richiesta di spazio, di spiagge attrezzate e di percorrenze il più possibile comode per l’avvicinamento alle calette, elementi che hanno già determinato la parziale alterazione di alcune cenosi costiere (leccete, lembi forestali misti a sclerofille/caducifoglie, macchia mediterranea). Gli aspetti forestali a leccio (Quercus ilex) risultano particolarmente degradati, essendo spesso utilizzati come parcheggio per le auto, in condizioni di totale asportazione della biomassa erbacea ed arbustiva e mantenendo la copertura arborea unicamente come utile protezione dal sole durante i mesi estivi.

Da segnalare, inoltre, quale minaccia alla vegetazione, il frequente passaggio di incendi boschivi, prevalentemente in corrispondenza della strada costiera. La vegetazione prativa stessa, costituita in prevalenza dal mosaico tra ampelodesmeti e comunità prative terofitiche, è strettamente legata/dipendente al passaggio del fuoco, elemento che determina la trasformazione (ed il rallentamento) dell’evoluzione dinamica delle comunità e la semplificazione strutturale delle cenosi in una gariga (secondaria) semplificata a dominanza di Ampelodesmos mauritanicus. Il passaggio del fuoco (evento che si ripete in ogni stagione, secondo quanto raccolto da interviste ai locali e dalle osservazioni effettuate sulla vegetazione), non sembra alterare sostanzialmente l’habitat 5330 (Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici), esemplificato da un tipo di vegetazione fortemente correlata al fuoco stesso (ampelodesmeto) e ben rappresentata in tutto il SIC (ed in tutto il settore tirrenico della Basilicata).

 

FLORA:

Di particolare interesse la presenza di Dianthus rupicola (indicata nell’Allegato II della Direttiva), presente in ambito regionale unicamente nel tratto costiero tirrenico della Basilicata. Si segnala il notevole interesse conservazionistico di questa entità, menzionata tra le specie dell’Allegato I della Convenzione di Berna e tra le specie a rischio d’estinzione della flora vascolare italiana (Scoppola et al., 2005; Fascetti & Navazio, 2007).

Tra le specie floristiche d’interesse conservazionistico, si segnalano, inoltre, Juniperus phoenicea ssp. turbinata, considerata rara e vulnerabile in Basilicata, e Atamantha ramosissima da considerarsi vulnerabile a scala regionale (Fascetti & Navazio, 2007). Viene inoltre segnalata una specie degli habitat marini (Cystoseira amentacea), inserita negli allegati del Protocollo sulle Aree Specialmente Protette e la Diversità Biologica nel Mediterraneo (Convenzione di Barcellona del 1995)(Guala & Coppa, 2008). Molte altre entità meritano di essere segnalate (Euphorbia dendroides, Limonium remotispiculum, Asplenium petrarchae, Campanula fragilis, Cardamine montelucci e Quercus virgiliana), in quanto specie interessanti a seguito dell’esistenza di stazioni uniche a scala regionale e/o taxa di un certo interesse per l’Italia meridionale. Tra gli elementi di particolare valore si segnalano le formazioni a Quercus ilex dislocate lungo la cintura costiera, in particolare nei pressi della spiaggia “Illicini”, il cui toponimo potrebbe significare, presumibilmente, “piccoli lecci” ad indicare le difficoltà per lo sviluppo di formazioni particolarmente evolute per l’esistenza di limitazioni ecologiche per cause stazionali.

 

FAUNA:

Il SIC di Isola di S.Ianni e Costa prospicente rappresenta un’area di rilevante interesse per la fauna. Punti di forza sono la presenza di habitat naturali e semi-naturali, la localizzazione geografica a ridosso della costa e, quindi, interposta su “rotte migratorie” e la presenza di attività umane eco-compatibili (pascolo). Tutto ciò favorisce la presenza di specie di interesse naturalistico e conservazionistico. Rappresenta, pertanto, un  importante sito riproduttivo ed un’area di sosta durante le migrazioni, per la fauna ornitica.

Nel sito è presente lo scoiattolo variabile (Callosciurus finlaysonii), specie alloctona originaria del sud-est asiatico. La specie è stata introdotta in Italia all'inizio degli anni ottanta ad Acqui Terme, in Piemonte, e a Maratea, in Basilicata. In Basilicata furono rilasciate 3-4 coppie che hanno originato la popolazione che attualmente colonizza il versante tirrenico della Regione. La rapida espansione della popolazione ha interessato circa 26 Km2 di territorio, con il rischio di diffusione nei boschi di latifoglie dell’interno (Aloise & Bertolino, 2005).

Molto interessante è la presenza di Hermetia illucens, per ciò che riguarda l’entomofauna. Specie cosmopolita di origine nordamericana è stata introdotta in Italia mediante i trasporti commerciali nel 1956. Il rinvenimento avvenuto nell’agosto 2008 in un’abitazione privata presso Marina di Maratea è la prima segnalazione di questa specie per la Basilicata e la sesta per l’Italia meridionale (Adamo, 2008).

L’attuale perimetro del SIC include solo una percentuale degli habitat naturali necessari alla conservazione della fauna presente. Le specie indicate nei formulari necessitano di un mosaico ambientale più complesso e di un’estensione maggiore rispetto a quella attuale. Al fine di annettere tali aree, oggi esterne al perimetro del SIC si rende opportuno un aggiornamento dei confini e l’ampliamento della sua superficie.

Discrete sono le presenze dei rettili per i quali l’area possiede rilevanti potenzialità.

A causa della mancanza d’acqua il sito, allo stato odierno, non risulta significativo per gli anfibi. neppure la mammolofauna dell’area non include presenze di rilievo e ciò è imputabile alle caratteristiche ambientali ed all’antropizzazione.

Le criticità maggiori evidenziate sono legate all’impatto antropico nelle forme di pressione turistica e di incendi. L’area insiste in un tratto costiero di particolare bellezza naturalistica dove si osservano concentrazioni di bagnanti in prossimità dei luoghi accessibili. Ciò ha prodotto lo sviluppo di insediamenti abitativi in forma di centri urbani e/o di case sparse. Gli incendi hanno determinato la scomparsa di talune specie stazionarie (rettili e mammiferi), sia per effetto diretto che indiretto conseguente alla modificazione degli habitat.

A tutela delle specie presenti e per favorire il ritorno di alcune di quelle potenziali, si raccomanda l’assoluta immodificabilità dei luoghi e il mantenimento delle pratiche zootecniche esistenti. Per le specie silvane è opportuna la gestione del bosco che preveda il mantenimento di alberi morti, in particolare per la nidificazione dei picchi e la conversione delle pinete in macchia/bosco. In relazione alla colonia di gabbiano presente sull’isola e per favorire l’insediamento di nuove specie, si consiglia l’interdizione all’uomo nei mesi di aprile, maggio e giugno.

In relazione alla presenza dello scoiattolo si ritiene utile avviare uno studio per quantificarne la presenza, accertare se esiste competizione con altre specie arboricole o semi-arboricole e quindi intraprendere scelte gestionali della specie alloctona.

 

 

 

Nella tabella seguente sono riportati i dati relativi all’uso del suolo all’interno del sito, secondo la classificazione Corine Land Cover utilizzata all’interno del presente lavoro (III livello per le zone a minore interesse ecologico naturalistico, V livello per le zone a maggiore interesse ecologico naturalistico).

Codice

Descrizione categoria Corine Land Cover

Superficie (ettari)

112

Superfici artificiali

16

123

Superfici artificiali

0

212

Seminativi

2

223

Oliveto

6

324

Aree in evoluzione

7

331

Spiagge

4

523

mare

276

3112

Bosco a dominanza di Quercus pubescens s.l.

14

3211

Praterie a dominanza di Bromus erectus

3

3321

Vegetazione casmofitica delle pareti interne

6

3322

Vegetazione casmofitica di falesia costiera

11

31111

Bosco a dominanza di Quercus ilex e Viburnum tinus

26

31211

Rimboschimento a conifere non native

4

32321

Macchia bassa a dominanza di Myrtus communis e Pistacia lentiscus

18

32322

Gariga a dominanza di Erica multiflora e Camaecytisus spinescens

18

32324

Gariga a dominanza di Ampelodesmos mauritanicus

8

 Superficie totale

418

 

Le prime frequentazioni umane attestate sul territorio prospiciente all’isolotto di S. Ianni risalgono al Paleolitico Medio, epoca a cui sono stati datati gli insediamenti in alcune delle numerose grotte presenti nel litorale lucano e in particolare anche in questo tratto di costa. Successivamente, nell’Eneolitico (età del rame), si sviluppa l’insediamento posto sul promontorio di Capo La Timpa, nei pressi dell’attuale porto turistico, che aveva scambi commerciali con le isole Eolie. A partire dal XV-XIV secolo a.C., il promontorio di Capo la Timpa ospita un insediamento indigeno di capanne con pavimento a battuto steso con ciottoli decorativi e focolare centrale. L’insediamento di Capo La TImpa ebbe varie vicissitufdini, ma fu infine abbandonato per sempre in seguito alla conquista della Lucania dall’esercito Romano (III – II secolo A.C.). Durante il periodo Romano , si ritiene che abbia avuto una particolare importanza un scalo marittimo posto sull’Isola di S.Janni, dove sono state ritrovate strutture per la produzione di garum (salsa liquida realizzata dai romani per condimento e fatta con pesce e interiora di pesce) e nei cui fondali vi è il più grande giacimento di ancore del Mediterraneo. I reperti archeologici rinvenuti nei pressi dell’Isola di S.Janni testimoniano attività commerciali che si estendevano fino alla Spagna e all’Africa.

Risale al XVI secolo la costruzione delle torri di avvistamento per difendere la costiera del Regno di Napoli dai Saraceni: il viceré Pedro da Toledo ordina la costruzione di oltre trecento torri anti-corsare, di cui sei, costruite tra il 1566 e il 1595, sono dislocate sul litorale di Maratea ma nessuna nel territorio del SIC.

Lo sviluppo urbanistico della zona risulta molto successivo rispetto ad altre località presenti nel territorio marateota: l'abitato di Marina nasce infatti all'inizio del XIX secolo e si sviluppo soltanto alla fine di questo secolo a seguito della costruzione della ferrovia e della stazione ferroviaria, avvenuta nel 1894. Precedentemente la zona dove oggi sorge Marina risulta quasi completamente ricoperta da lecci, carrubi e querce e l'unico segno della mano dell'uomo erano gli ovili e i locali dei pastori, che usavano le poche zone non boscose per pascolare. Negli anni tra il 1950 e il 1970 è iniziato lo sviluppo turistico – ricettivo dell’area, che rappresenta oggi una delle zone di maggiore flusso turistico della costa tirrenica lucana. E’ proprio però dalle attività turistico – ricettive che sorgono le maggior criticità sulla conservazione degli habitat e delle specie, in particolare nelle zone prossime agli abitati di Marina di Maratea (località esterna ai confini del sito).

Per tali motivi si ipotizza un ampliamento verso l’interno del sito di S. Ianni ed un ulteriore collegamento tra questo e quello di Castrocucco, in modo da includere anche l’abitato di Marina di Maratea. Tale allargamento permetterebbe infatti di aumentare la connettività tra alcuni habitat aumentando la connessione ecologica dei due siti e allo stesso tempo di ridurre le possibilità di uno sviluppo urbanistico nocivo alla conservazione delle peculiarità ecologiche (specie, comunità ed habitat) rilevate nel territorio.