Murgia S. Lorenzo


Carta di identità del sito

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Nome Murgia S. Lorenzo
Codice IT9210220
Tipo C
Estensione 5.463 ha
Comuni
Province
Habitat (All. 1 Dir. 92/43/CEE): 91AA*, 3250, 92A0, 9340, 91M0 dettagli   »
Specie
Note

Habitat All. 1 Dir. 92/43/CEE

Murgia S. Lorenzo

91AA* - Boschi orientali di quercia bianca

3250 - Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum

92A0 - Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba

9340 - Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia

91M0 - Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere

92D0 - Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae)

6220* - Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

1430 - Praterie e fruticeti alonitrofili (Pegano-Salsoletea)  

Specie All. 2 Dir. 92/43/CEE e all.1 dir. 79/409/CEE

Murgia S. Lorenzo



L’area del Sic “Murgia di San Lorenzo” coincide con il bordo occidentale del Bacino di Sant’Arcangelo (BSA) composto prevalentemente da depositi plio- quaternari che giacciono in discordanza sui terreni meso- cenozoici della catena appenninica. Il bacino viene interpretato, seppur con diverse accezioni, come un bacino di piggy-back, separato dall’avanfossa (Fossa Bradanica) dall’alto strutturale di Rotondella soltanto a partire dal Pleistocene inferiore-medio.

Il bacino di Sant’Arcangelo è confinato ad Est dall’alto strutturale della dorsale di Rotondella-Valsinni, costituita dal Complesso Sicilide che rappresenta anche parte del substrato meso-cenozoico nell’area di interesse. Il substrato dei bordi occidentale e meridionale è invece costituito rispettivamente dai terreni silicoclastici miocenici del Flysch di Gorgoglione (complesso Sicilide) e da unità “interne”riferibili al complesso Liguride. La successione clastica plio-pleistocenica, in contatto stratigrafico discordante sull’unità precedentemente descritta, è rappresentata (dal basso) dalla Formazione di Castronuovo, composta da conglomerati poligenici con clasti ben arrotondati in matrice sabbiosa, su cui poggia un deposito continentale in facies di conoide prossimale formati da conglomerati in assetto massivo con clasti eterometrici in matrice sabbioso -siltosa attribuito alla formazione di Serra Corneta.

In particolare abbiamo:

Complesso Sicilide.

I litotipi affioranti sono e una alternanza arenaceo-pelitica con carattere di flysch, sovrapposti in trasgressione a vari livelli del Complesso Sicilide ed estendentesi anche su Flysch di Albidona del complesso Liguride. I terreni affioranti, nell’area oggetto di studio, sono ascrivibili alla formazione del Flysch di Gorgoglione. Esso è composto da una alternanza di arenarie torbiditiche grigio-giallastre, ben cementate in strati di spessore variabile da pochi centimetri a qualche metro, e di argille marnose grigio-oliva, dure compatte, a frattura concoide, talora finemente laminate e talora con livelli conglomeratici alla base.

Nel territorio esaminato affiora in sinistra orografica del Torrente Nocito fino alla confluenza con il fiume Agri rappresentante il livello di base locale. A San Chirico Raparo, il Flysch di Gorgoglione poggia trasgressivamente sul Flysch di Albidona ed è coperto dai depositi pliocenici e pleistocenici.

Complesso Ex-Postorogeno.

Vengono raggruppate sotto questa denominazione i terreni sedimentari in posizione postorogena prima del ricoprimento tardivo suprapliocenico:

Conglomerati basali poligenici: è presente un piccolo lembo in sinistra orografica del torrente Nocito. La successione pliocenica è trasgressiva sul Flysch di Gorgoglione. Essa inizia, dal basso, con un conglomerato ad elementi generalmente ben arrotondati e con dimensioni medie di 2 – 5 cm, dati da calcari di facies mesozoica, da calcareniti delle successioni liguride e sicilide, da selci e subordinatamente da arenarie, in strati spessi da 10 - 15 metri.

Argille marnose: al di sopra dei conglomerati basali seguono, in continuità stratigrafica, argille marnose azzurre diffusamente sabbiose poco sopra la base, caratterizzate da intercalazioni, inferiori ad un metro, di sabbia a grana medio fine di colore da grigio-cenere a giallo. Lo spessore locale è di poche decine di metri.

Sabbie gialle con sottili intercalazioni di argille sabbiose, passanti gradualmente verso l’alto a conglomerati rossastri ad elementi calcarei. Affiorano in prossimità delle Murge di Santo Orionzo.

Complesso Postorogeno.

Sotto tale denominazione sono compresi, come vuole il termine stesso, le formazioni più recenti dell’ultimo trasporto orogenico. Le formazioni affioranti risultano:

  • Argille marnose grigio – azzurre: a frattura concoide e stratificazione indistinta con alcuni livelli di argille sabbiose e di sabbie grigio-chiare. Affiora in destra e sinistra orografica della Fiumarella di Roccanova dove vanno praticamente a saldarsi con le sovrastanti sabbie di Aliano.
  • Sabbie di Aliano: sabbie gialle a grana fine più o meno argillose, scarsamente cementate, in strati da 20 cm a 10 m, con lenti ghiaioso - conglomeratiche. Seguono, nella successione, dopo le argille marnose azzurre con banconi di sabbie giallastre spesso a stratificazione incrociata contenenti intercalazioni pelitiche con rari livelli conglomeratici. Sia il limite di letto che quello di tetto della formazione sono caratterizzati da passaggio graduale e da parziale eteropia con i Conglomerati di Castronuovo. La formazione costituisce un grosso corpo lentiforme con spessore minimi di 50 metri ai bordi sud-orientale e nord occidentale del BSA, mentre nella parte centrale raggiunge uno spessore massimo di 600 metri.
  • Conglomerati di Castronuovo: conglomerati in banchi ad elementi prevalentemente calcarei e subordinatamente arenacei ben arrotondati legati con abbondante matrice sabbiosa. Gli affioramenti in questo settore sono privi di stratificazione con elementi e blocchi spesso angolosi di taglia grossolana. La composizione litologica è strettamente legata alle più vicine formazioni del substrato;
  • Sabbie e conglomerati di Serra Corneta: sabbie alquanto argillose, incoerenti e di colore rosso–ocraceo. Presenta lenti e livelli di conglomerato a matrice terrosa rossastra. I ciottoli si presentano appiattiti ed embriciati e si alternano a sabbie rosse prevalentemente grossolane e poco cementate con spessori variabili da pochi metri a circa m. 100. Formano le spianate di Serra di San Chirico, a sud dell’abitato, e della Montagna di San Chirico a Est. Questi sedimenti poggiano generalmente in concordanza sui Conglomerati di Castronuovo, con passaggio stratigrafico graduale. A nord dell’area, verso San Martino d’Agri, questi poggiano trasgressivamente anche sul substrato prepliocenico;

Depositi recenti.

Lungo la fascia fluviale interessata dal progetto si annoverano i seguenti terreni:

Depositi alluvionali terrazzati: generalmente si tratta di alluvioni ghiaiose e sabbiose, spessi da pochi metri ad una decina, disposte a formare almeno tre ordini di terrazzi ben evidenti.

Depositi recenti: si tratta di pianori, talora anche molto estese, di ghiaie e sabbie che fiancheggiano il corso d’acqua principale.

Depositi alluvionali attuali: sono depositi ghiaioso – sabbiosi che costituiscono l’alveo di tutti i corsi d’acqua e si distinguono da quelli più antichi per l’assenza di insediamenti e coltivazioni.

Dal punto di vista geomorfologico, il territorio investigato mostra evidenti segni di una complessa evoluzione; questa, nonostante si sia innescata in tempi remoti, non sembra essersi del tutto esaurita. I fenomeni di tale evoluzione si esplicano attraverso processi di tipo gravitativi essenzialmente riconducibili a movimenti franosi propriamente detti. Le abbondanti precipitazioni concentrate in brevi periodi rendono particolarmente grave il problema della stabilità di queste aree, sia per l’economia agricola di questi territori che per stessa stabilità della rete viaria. Il sollevamento regionale di questo settore dell’Appennino meridionale, a partire dal pleistocene medio, ha prodotto un abbassamento del livello di base locale con conseguente reincisione del fiume Agri e dei suoi affluenti. Il tasso di abbassamento locale dell’area negli ultimi 0,7 Ma, al pari del tasso di erosione, ammonta a 0.35 mm/a, mentre il tasso di sollevamento regionale si attesta a 1.14 mm/a, in buono accordo con quanto riconosciuto per le altre aree dell’Appennino meridionale (Schiattarella et al. 2003). La geomorfologia del Bacino di Sant’Arcangelo risulta notevolmente influenzata dai vari domini geostratigrafici e strutturali in cui esso si articola. Esso, infatti, può essere distinto in quattro diversi settori:

-       Un’area marginale interna costituita dai rilievi bordieri in cui affiorano le unità del substrato suturate dai conglomerati di chiusura in facies fluviale e di conoide;

-       Un’area denominata dai plateaux conglomeratici di Serra Corneta che si estende nella parte occidentale e meridionale del bacino;

-       Un’area centro orientale in cui affiorano i depositi marini pelitici (argille e sabbie);

-       Una dorsale esterna, allungata in direzione circa appenninica, in cui affiorano i terreni del substrato e la cui individuazione ha condizionato l’evoluzione e l’estinzione del bacino durante il pleistocene inferiore.

In particolare l’area occidentale del bacino, in cui ricade parzialmente il settore preposto per l’insediamento, è dominato dalla presenza di ampi lembi allungati di superfici subpianeggianti svolgentesi a quote comprese tra m. 800 e 900 s.l.m. e impostate sui conglomerati di Serra Corneta. Questi plateaux sono lunghi circa 7 – 8 Km e larghi da 1 a 6 Km. Altre tracce del deposito in questione si rinvengono nei pressi dei paesi di Gallicchio e Missanello. L’inviluppo dei plateaux restituisce una unica ampia superficie sospesa fino a m. 550 sui talweg attuali. In letteratura (Vezzani, 1967) essa viene interpretata come la superficie di regressione originaria in quanto conforme alla stratificazione prevalente sub-orizzontale dei sottostanti depositi conglomeratici di Serra Corneta. Ma la morfologia dei plateaux si discosta alquanto dall’andamento pianeggiante e uniformemente inclinata, che è tipico delle superfici aggradazionali alluvionali. Essa risulta, piuttosto costituita da un susseguirsi di dossi alti poche decine di metri e valli molto svasate, la cui genesi è ascrivibile ad uno o più fasi di rimodellamento in ambiente fluviale (Amato – Dimase 1997). La rete di drenaggio nata da queste antiche fasi di rimodellamento è riconoscibile solo a tratti e risulta in forte disequilibrio con gli attuali livelli di base.

La porzione di territorio esaminato è caratterizzata dall’affioramento dei depositi recenti a dai depositi sabbiosi pleistocenici e non conserva tracce di paleolivelli di base in quanto essi sono stati quasi del tutto cancellati dall’erosione.

I versanti in studio, limitatamente alla porzione esaminata nella presente trattazione risultano legati a fenomeni di instabilità con diversa tipologia di movimento; i più frequenti risultano gli scorrimenti rotazionali sui depositi sabbioso-conglomeratici in sinistra e destra orografica. Le colate sono limitate ai termini tendenzialmente argillosi e i fenomeni di crollo interessano le pareti verticali derivanti dall’erosione fluviale rinvenibili sempre in destra orografica. Le conoidi detritiche presenti sia in sinistra che in destra orografica  testimoniano per un ambiente particolarmente dinamico dal punto di vista dell’evoluzione dei versanti.

 Inquadramento idrogeologico

Il sistema idrografico principale del Bacino di Sant’Arcangelo è costituito dalle valli pressoché parallele del fiume Agri e del Fiume Sinni, orientate da Ovest verso Est, cui si aggiunge un reticolato minore di affluenti in direzione normale o quasi a due fiumi principali. La valle dell’Agri mostra sezioni diverse a secondo dei terreni attraversati, e vanno da larghezze di oltre 2000 metri in corrispondenza dei sedimenti plio-pleistocenici fino a pochi metri nei terreni prepliocenici, dove assumono un andamento tortuoso. Il bacino dell’Agri è caratterizzato da portate molto variabili, in relazione con i notevoli scarti stagionali delle precipitazioni, che sono concentrate principalmente nel mese di novembre mentre sono del quasi tutte assenti nel periodo estivo. La media annuale del bacino è di circa 800 mm l’anno.

L’idrogeologia dell’area è influenzata dai complessi geologici affioranti che per le loro caratteristiche intrinseche conferiscono al settore una complessiva scarsa predisposizione all’accumulo idrico sotterraneo. Tutta l’area è formata da sedimenti terrigeni caratterizzata da alta permeabilità per porosità che danno luogo ad emergenze idriche al contatto con l’impermeabile relativo o in presenza, all’interno della stessa formazione, di livelli o di intercalazioni argillose. Questo contesto dà luogo ad una circolazione idrica a falde sovrapposte caratterizzate da emergenze idriche di scarsa entità.

La profonde incisioni operate dal Fiume Agri e dai suoi affluenti esercitano una intensa azione di drenaggio nei confronti di questi terreni, pertanto la falda acquifera, presenta nel complesso permeabile, risulta molto scarsa malgrado l’alimentazione e l’ampio affioramento e nonostante il probabile contributo per ruscellamento dai terreni impermeabili affioranti ai margini.

Il reticolo idrografico è caratterizzato da pattern di tipo dentritico con spartiacque sinuosi ed effimeri che conferiscono al territorio un aspetto aspro.

Il fiume Agri, che attraversa il territorio della “Murgia di San Lorenzo” in tutta la sua lunghezza, in questa parte del suo percorso riceve numerosi affluenti che incidono ulteriormente il territorio dando vita in alcuni punti a vere e proprie forre. Nel versante meridionale, partendo da ovest, il primo affluente è il Nocito o Raganello, che segna anche il confine del sito; seguono il torrente Caliuva, i cui affluenti principali sono rappresentati dai fossi Petranisi e Gatta. Proseguendo, i successivi affluenti dell'Agri risultano il Fosso Cocozza e infine la Fiumarella di Roccanova, che fa da confine sud orientale al territorio del Sic. Sul versante opposto dell'Agri, procedendo sempre da ovest verso est, gli affluenti risultano di minore portata e sono i seguenti: Fosso del Giunco, Fosso del confine, Fosso di Lauro, Fosso Acqua fredda, Torrente Cornicella, Torrente Alvaro e infine il Fosso S. Lorenzo.

Il fiume Agri presenta un regime marcatamente torrentizio, con piene imponenti in autunno e magre accentuate in estate. Rispetto però agli altri fiumi della regione, ha una portata media e soprattutto minima (3,5 m3/s) ben più consistenti, potendo contare sulla presenza di svariate sorgenti lungo il suo alto corso e di una buona piovosità media annua su tutto il suo bacino. Anticamente era chiamato Aciris, Akiris o Kyris, che in lingua osca significava fiume navigabile: Strabone infatti, nei suoi scritti, lo descrive come un corso d'acqua con sponde ricche di boschi e con un alveo profondo e navigabile.

  IL CLIMA

Per la descrizione climatica dell'area si è fatto riferimento ai dati termopluviometrici della stazione di Roccanova (654 m s.l.m.), per un periodo di osservazione che va dal 1920 al 1985

 

Tab. 1 - Valori delle temperature

 

°C

Media annua (TA)

13,4

Media del mese più freddo (TMSF)

4,9

Media del mese più caldo (TMSC)

22,7

Media dei minimi annui (TmA)

-5,8

Escursione termica annua (EtA)

17,8

 

 

Tab. 2 - Piovosità media annua-stagionale e giorni piovosi

 

P (mm)

g.p.

Media annua

 736

73

Medie stagionali:

 

 

Inverno

266

24

Primavera

169

20

Estate

87

10

Autunno

214

19

P = piovosità;  g.p. = giorni piovosi

 

Il periodo di aridità nel territorio in analisi risulta piuttosto intenso e compreso tra inizio giugno e fine agosto.

Il territorio della “Murgia di San Lorenzo” si estende nella media Val d'Agri ed è attraversato in tutta la sua lunghezza da tale fiume, risultando inoltre inciso dai suoi numerosi affluenti. I versanti della valle, in particolare nel settore occidentale del Sic, sono caratterizzati dalla presenza di pinnacoli conglomeratici e pareti a strapiombo - quale effetto di erosioni su depositi sedimentari fortemente cementati - di particolare bellezza paesaggistica. La parte orientale del Sic invece, costituita da litotipi di natura argillosa, presenta morfologie più dolci ed è caratterizzata, in alcuni settori, dalla presenza di calanchi.

Alla diversa natura dei litotipi può essere correlata anche la copertura vegetale che, nei quadranti in cui affiorano depositi più cementati e substrati asciutti e permeabili, risulta costituita da formazioni forestali e di macchia alta e bassa a prevalenza di sclerofille sempreverdi riconducibili prevalentemente all'habitat 9340 "Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia" che si rinviene principalmente sui versanti da poco a molto acclivi, mentre, nelle aree con superfici pianeggianti o poco acclivi e con suoli più profondi, sono presenti querceti afferenti all'habitat 91AA "Boschi orientali di quercia bianca". Nell'ambito delle comunità forestali si rinvengono inoltre interessanti lembi di boschi a cerro e farnetto, riconducibili all'habitat 91M0 "Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere", di estremo valore conservazionistico, anche perchè ospitano specie di interesse biogeografico quali Teucrium siculum, Ptilostemon strictus, Echinops siculus e Lathyrus jordanii.

Ai substrati di natura argillosa sono invece correlate sia le comunità erbacee substeppiche inquadrabili nell'habitat prioritario 6220 "Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea" che le cenosi composte da fruticeti alonitrofili riferibili all'habitat 1430 "Praterie e fruticeti alonitrofili (Pegano-Salsoletea)", entrambe di grande interesse biogeografico e conservazionistico anche per la presenza di specie quali Atractylis cancellata, Cardopatum corymbosum, Helictotrichon convolutum e Stipa austroitalica subsp. austroitalica.

Nei pressi del fiume Agri si rinvengono lembi di boschi igrofili a pioppi e salici di notevole valore conservazionistico afferenti all'habitat 92A0 "Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba", mentre buona parte delle superfici alluvionali caratterizzate da substrati ciottolosi poco consolidati, che si rinvengono sia dell'Agri che nei suoi affluenti, ospitano formazioni camefitiche discontinue inquadrabili nell'habitat 3250 "Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum". Sugli alvei del settore caratterizzato da substrati di natura argillosa, come ad esempio lungo la “Fiumarella di Roccanova“, sono presenti le comunità a tamerici, riconducibili all'habitat 92D0 "Gallerie e forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae)", correlate tipicamente a suoli alluvionali, anche subsalsi, a tessitura ghiaioso-limosa.

Di notevole interesse risultano delle garighe a prevalenza di Rosmarinus officinalis accompagnato da Cistus monspeliacus e talvolta anche da Thymus capitatus e da Putoria calabrica che si rinvengono in prevalenza sui versanti del Fosso Caccia, in località Pisciacito, e dell'Armento. Si tratta di comunità che stabiliscono generalmente contatti spaziali con la lecceta e che vegetano, soprattutto nella prima località, su suoli molto drenati, costitui da substrati ciottolosi corrispondenti ad antichi terrazzi fluviali. Benché presente su tutto il territorio nazionale, Rosmarinus officinalis è una specie che può essere ritenuta spontanea solo lungo le coste; questo settore del bacino dell'Agri costituisce, quindi, uno dei rari contesti - che si possono rinvenire principalmente  nell'Italia meridionale - in cui la specie penetra nell'entroterra e in aree piuttosto distanti dal mare. Tali popolamenti di rosmarino potrebbero quindi essere interpretati come relittuali e correlati alle particolari condizioni edafiche di tali siti, oltre che climatiche, per la relativa maggiore oceanicità che ri registra in tale area.

Anche dal punto di vista floristico il sito risulta di elevato valore naturalistico, in quanto annovera numerose entità di interesse biogeografico e conservazionistico che non risultavano precedentemente segnalate nel territorio. Si tratta di endemismi dell'appennino meridionale (Lathyrus jordani, Onosma echioides e Gypsophila arrostii subsp. arrostii), di specie rare in tutto il loro areale italiano, oltre che nell'area in esame, quali Helictotrichon convolutum, Malus florentina, Camphorosma monspeliaca e Moricandia arvensis. Alcune specie rinvenute risultano in forte rarefazione a livello globale - e quindi a rischio di estinzione - perchè legate agli ambienti umidi, fra i più minacciati dalle attività umane, è il caso di Teucrium scordium, Isolepis cernua, Gnaphalium luteo-album e Typha minima. Sono inoltre presenti mumerose specie di orchidee, popolazioni al limite dell'areale di Quercus trojana subsp. trojana e popolazioni di Stipa austroitalica, una delle specie elencate nell'Allegato II della Direttiva.

Va anche evidenziata la scarsità di specie esotiche, entità queste che sono generalmente abbondanti  soprattutto negli ambienti fluviali perchè favorite dal naturale disturbo costituito dalle piene.

L’area è anche di particolare pregio faunistico, poiché ospita popolazioni o individui di specie di elevato valore biogeografico e conservazionistico. Il SIC annovera specie considerate in pericolo (Endangered o Critically Endangered) secondo le catgorizzazioni della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), protette da numerose normative europee e inserite nella normativa CITES. L'area si delinea come ad elevatissima biodiversità, ospitando numerose specie di rilievo appartenenti ad ogni classe, alcune delle quali endemiche per l’Italia. Per i mammiferi è area di riproduzione della lontra e di presenza del lupo; l’ornitofauna è particolarmente varia, con elementi nidificanti di spicco, quali la cicogna nera (che nel sito nidifica eccezionalmente su una rupe e non su un albero) ed il capovaccaio, che costituiscono una proporzione numericamente rilevante rispetto a quella sull’intero territorio nazionale. La componente erpetologica risulta particolarmente ben rappresentata ed articolata, con fiorenti demi popolazionali di ululone appenninico (Bombina pachypus), tra le specie di vertebrati maggiormente a rischio di estinzione, e di altre specie endemiche italiane quali la salamandrina dagli occhiali, il tritone italico e le raganella italiana).

Anche l’Ittiofauna annovera elementi di interesse, anche qui con presenza di specie endemiche e fortemente tutelate dalle direttive comunitarie, tuttavia minacciate dall’introduzione di specie alloctone.

Ricca anche la fauna invertebrata sia per quanto riguarda le specie inserite negli allegati della Direttiva Habitat, sia per alcuni elementi di pregio considerati vulnerabili anche dalla IUCN come Cerambix cerdo o anche di Charaxes jasus, Lepidottero a caratteristica distribuzione costiera e che è stata rinvenuta in una isola vegetazionale dell'entroterra, il quale, pur non facendo parte della Direttiva Habitat, contribuisce con la sua presenza ad elevare la qualità del sito. 

Per ciò che riguarda l'uso del suolo, il Sic risulta in gran parte occupato da formazioni naturali e seminaturali corrispondenti a circa il 70% del territorio; più di due terzi di questa percentuale è rappresentato da formazioni forestali, la restante parte da macchie, garighe e praterie.

Da ciò che si evince dalle descrizioni dei locali, mancando informazioni di letteratura sul passato uso del suolo dell'area in esame, le comunità forestali sarebbero in fase di recupero e ciò sarebbe anche in accordo con le mutate condizioni socio-economiche; in passato, difatti, le risorse legnose sono state sicuramente oggetto di un uso più massiccio, soprattutto come combustibile per le attività domestiche, per la produzione di carbone, di calce e di manufatti di terracotta, come dimostrano le diverse fornaci, i cui ruderi si rinvengono ancora frequenti nel territorio del Sic.

Il pascolo invece, che attualmente incide sia sulle praterie che nelle macchie, garighe e occasionalmente anche nelle fitocenosi arboree, talvolta anche nei coltivi a riposo, risulterebbe in regressione.

Le aree interessate da attività agricole, che costituiscono circa un terzo della superficie totale dell'area, sono concentrate soprattutto nella parte nord-orientale ed orientale del Sito e sono rappresentate sia da colture arboree che da seminativi. Per quanto riguarda le prime, si rinvengono numerose parcelle di oliveti, molte delle quali non sottoposte ad aratura e quindi con un tappeto erboso talvolta molto ricco di specie. Più rari risultano invece i vigneti mentre, soprattutto sulla piana alluvionale del fiume Agri, risultano frequenti frutteti talvolta anche piuttosto estesi.

Nella parte centrale, in quella occidentale e nord-occidentale e in tutta la parte meridionale del Sito le realtà agronomiche risultano invece sporadiche, frammentate e inserite in estesi habitat naturali. Nella maggior parte dei casi, comunque, l'agricoltura praticata nel territorio del Sic è di tipo tradizionale, risultando perciò sostenibile e a basso impatto.

Numerose sono le costruzioni rurali che si rinvengono nel territorio, molte delle quali in stato di abbandono; il loro interesse, oltre che di tipo culturale, è anche correlato alla possibile presenza al loro interno di borre di rapaci e di chirotteri.

 

Per una descrizione ed analisi puntuale delle attività agricole e zootecniche rinvenute nel sito, si rimanda agli allegati “Schede_Agronomia_Murgia S. Lorenzo”.

 

Per quanto riguarda le attività selvicolturali si rinvengono le seguenti forme di governo: ceduo e fustaia. La fustaia prevale nelle aree caratterizzate da terreni più profondi, fertili, con maggiore disponibilità idrica o in aree più difficilmente accessibili. Va tuttavia evidenziato che in alcuni settori, anche recentemente, la ceduazione è stata praticata su superfici eccessivamente acclivi generando fenomeni di erosione  e possibili frane.

Il territorio della Murgia di San Lorenzo, per le condizioni edafoclimatiche in cui si inserisce, risulta esposto anche al rischio di incendi: i più recenti ed estesi si sono verificati verso la metà del passato decennio ed hanno interessato i versanti esposti a Sud, nelle località Gallicchio e Piagge, comprese tra il Fosso Acqua fredda e il Torrente Cornicella, ed in particolare una fascia interessata da rimboschimenti  ed adiacente alla strada del fondovalle, che sicuramente rappresenta un elemento che può favorire questo tipo di minaccia. La presenza nella valle di tale strada a scorrimento veloce che attraversa il sito in tutta la sua lunghezza, rappresenta inoltre, una barriera alla continuità ambientale fra i due comparti del Sic e costituisce pertanto un importante detrattore ambientale per il sito.

Altri elementi di impatto ambientale sono rappresentati dalle opere di difesa spondale ed altre attività nell'alveo dell'Agri e dei sui affluenti, come ad esempio il rilascio di rifiuti ed inerti, che hanno ripercussioni sugli habitat ripariali e sulle comunità animali legate agli ambienti umidi ed acquatici.

 

Per una descrizione ed analisi puntuale delle attività antropiche che possono rappresentare impatti e detrattori ambientali per il sito, si rimanda agli allegati contenuti nella cartella “Impatti ambientali Murgia S. Lorenzo”.

 

Le principali categorie di uso del suolo e la relativa percentuale di territorio del sito interessata sono riassunte nella seguente tabella.

 

Uso del suolo

%

Foreste di sempreverdi

44

Foreste miste

10

Foreste di caducifoglie

2

Macchie, garighe

13

Praterie

3

Impianti forestali di conifere

1

Oliveti, vigneti, frutteti

13

Colture erbacee

10

Abitati, strade e aree industriali

3

Corpi d’acqua interni (acque stagnanti e correnti)

1